ISLANDA SOGNI DI GHIACCIO E FUOCO


09/03/2012


Viaggio di Andrea Moretti

Come nasce l’idea di andare a cacciarsi fin lassù? Ovviamente da un sogno, un sogno di sempre, dell’adolescenza direi, qualcosa di assoluto che si giustifica da solo, quasi un’ovvietà...Come è ovvio che si tratta di un viaggio di un certo impegno: undicimila chilometri percorsi in venticinque giorni, 4.800 di essi passati sull’isola di cui 1.100 su piste e sterrati. Due treni di gomme (Tourance + Karoo) e quasi 90 ore di navigazione tra andata e ritorno.

Solo arrivare in Islanda è già un risultato! L’Islanda è davvero lontana. Anche se in latitudine si colloca poco sotto il circolo polare artico, i collegamenti che consentono di raggiungerla sono decisamente scomodi. Se si vuole andare con la propria moto l’unica possibilità è la nave e c’è una sola compagnia con la quale ci si può imbarcare. A seconda del porto dal quale si salpa ( Hanstholm in Danimarca, Scrabster in Scozia o Bergen in Norvegia) il viaggio può durare dalle 36 alle 50 ore. Io ho optato per la Scozia ed è stata una scelta felice, un viaggio nel viaggio.

Ho attraversato il più rapidamente possibile Austria, Germania e Francia. Sono passato in Inghilterra attraverso l’Eurotunnel (scelta non economica ma decisamente comoda se si ha fretta) e la sera del secondo giorno di viaggio ho varcato il confine scozzese.

La pioggia e molta emozione mi hanno accompagnato nei due giorni successivi, nei quali me ne sono andato un po’ a spasso in quel paesaggio trovando in esso tutta la bellezza che mi aspettavo: la scenografia di mille film. Dopo quasi una settimana da solo in giro per l’Europa la sera prima dell’imbarco a Scrabster è stata una vera festa. Tutti i motociclisti che vanno in Islanda infatti inevitabilmente convergono verso la stessa nave, nel mio hotel eravamo una trentina, tra cui un gruppo organizzato, abbiamo cenato insieme come se ci conoscessimo da sempre, sembrava di stare con il motoclub!

Trentasei ore di mare calmo, e di una nave confortevolissima (che però non sono riusciti ad evitarmi il mal di mare), e la tribù dei motociclisti si ritrova a Seydisfjoerdur, pronta per l’avventura tanto sognata. Con tutte quelle persone nelle due settimane seguenti ci saremmo incrociati, avremmo dormito, mangiato chiacchierato, passato del tempo insieme. Con molti di loro si sono creati gli embrioni di inaspettate amicizie, con alcuni stiamo già progettando nuove avventure.

Per lo più tutti abbiamo fatto gli stessi percorsi.

In Islanda quanto a strade non c’è molto da inventare. L’isola è grande ma pur sempre un’isola, è dotata di una sola strada “nazionale” la N°1, meglio nota come Ring Road, un anello di asfalto quasi perfetto di circa 2.500 chilometri (ne mancano poche decine da asfaltare). Rispetto ad essa nel Nord c’è la possibilità di lunghe digressioni “a margherita”, sia ad Est che ad Ovest, lungo i fiordi e le penisole che si protendono nel mare . Una menzione a parte meritano i cosiddetti fiordi Occidentali, un gigantesco dedalo di insenature e promontori, tutti molto simili tra loro, la cui linea costiera sviluppa circa 600 km. di strada.

La mia scelta è stata quella di affrontare “il giro” in senso anti-orario perché ero più curioso di visitare il Nord, ma molti amici motociclisti hanno fanno l’opposto. Alcuni cercano anche di girare intorno alle perturbazioni, che di solito viaggiano da Nord-Ovest a Sud-Est, ma io non ho voluto farmi condizionare dal tempo. Dopo lo sbarco nel Sud Est dell’isola (Seydisfjoerdur) ho quindi raggiunto il lago Myvatn dove ho fatto base per due notti. Dopo aver visitato Husavik e Dettifoss, rispettivamente una incantevole baia per il whale watching e la più grande cascata europea, mi sono mosso verso il Nord-Est, passando per il punto più a Nord dell’isola (che lambisce il Circolo Polare artico) e visitando la remota penisola di Langanes cui tenevo molto. Ho poi ripreso la direzione Ovest, lasciando però quasi subito la Ring Road per seguire la linea costiera dei fiordi. Ho proseguito su e giù praticamente per tutti i grandi fiordi centro-settentrionali e mi sono poi inoltrato nel desolato Nord-Ovest. Da lì sono sceso verso la penisola di Snaefellsness, dove Jules Verne ha ambientato “Viaggio al centro della terra”, sempre percorrendone la linea costiera. Sono poi tornato verso Nord per affrontare una delle tre grandi piste che tagliano verticalmente l’isola ovvero Kjolur (la F35 lunga c.ca 180 km). Percorrendola verso sud si sbuca vicino Reykjavik, dalla quale ho ripreso la Ring Road per completare il tratto Sud – orientale e tornare al porto di imbarco.

Per le sistemazioni mi ero preparato ad un certa flessibilità in quanto le strutture sono poche e tendono al tutto esaurito, dalla tenda all’hotel ho utilizzato tutte le opzioni di cui la più frequente è rappresentata dalle “Guest House”, ovvero fattorie che con i compagni di viaggio abbiamo ribattezzato i “Bed senza il Breakfast”, accoglienti ed economiche offrono pernottamento in camera, uso cucina e quasi sempre, idromassaggio ed altri piacevolissimi comfort.

La curiosità di chi non c’è stato non è facile da soddisfare, non in poche righe almeno. La principale sensazione che mi rimane è quella di una terra durissima ed inospitale, nella quale gli unici esseri viventi a proprio agio sono le balene, i cavalli, le pecore ed una miriade di uccelli artici. E’ impegnativa sia dal punto di vista climatico che da quello del territorio. Fa freddo tanto che nel Nord ad agosto temperature notturne sotto lo zero sono normali ma più che la pioggia, o la neve , il vento fortissimo e la possibilità di ghiaccio rappresentano grandi pericoli per noi motociclisti. E’ inoltre per lo più deserta, una volta usciti dalla Ring Road si può stare per giorni nel nulla. Le strade non asfaltate sono le più affascinanti e presentano ogni grado di difficoltà, da un tranquillo sterrato nostrano, fino a pietraie durissime, sabbie dakariane, e soprattutto dozzine di guadi di fiumi glaciali estremamente mutevoli ed insidiosi.

L’Islanda è un posto dove si fa sul serio, guidare sempre in sicurezza lassù è quasi impossibile, e comunque abbassare la guardia anche per un attimo espone il motociclista a rischi enormi.

Tutto questo è certamente vero, ma è anche vero che è in assoluto il posto più spettacolare e sconvolgente nel quale io sia mai stato, un altro pianeta che segue regole paesaggistiche, colori, modi di essere completamente diversi rispetto a tutto ciò che conoscevo fino a quel momento. L’acqua e la terra, il ghiaccio e il fuoco, lo zolfo ed i muschi “sono” l’Islanda, e le loro dimensioni e movimenti sono del tutto fuori scala rispetto alla nostra “normale ed umana” Europa. Se mi chiedete se sia bella non so davvero rispondervi, è di sicuro stato bellissimo andarci, lasciarsi sorprendere e spaventare da quelle terre tormentate da milioni di anni. Ed è stato bellissimo incontrare tanti motociclisti che come me, attoniti, stavano tirando il fiato stentando a credere che in un posto del genere potesse esserci del comune ossigeno da respirare! Tutti non abbiamo dubbi sul fatto che sarà bello ritornarci, non subito forse ma presto, soprattutto prima che la severa magia di quelle infinite piste perse nel nulla venga annegata nell’asfalto.