La poesia del 41° anno - 2019


Cari voi che presenziate          
prima voglio che scusiate                  
questo empio e vecchio vate
che vi spara tre cagate.

Or sfidando gli anatema,
tutti gli anni è un bel problema,
tirar giù ‘na filastrocca
che non sia del tutto sciocca.

Ma mi stimola il Dainelli
a pigliare pe’ fondelli,
a buttarmi a gonfie vele
a sfiorar altrui le mele.

Nel lontano settantotto,
questo forte giovinotto,
era un fervido crogiuolo
e un fetente mariuolo.

Al “riccetto” assai devoto
inforcava anche la moto
ed in barba alla consorte
eccedeva in mani morte. 

Ricordarlo è opportuno
siamo all’anno quarantuno.
Come Piero un c’è nessuno
come un culo dentro un pruno.

Con le palle in un corbello
questo è l’anno del curtiello.
Lo ricorda il ciucciariello
col pennacchio e il campanello.

Con bugie e loschi imbrogli
non si aizzino le mogli,
che aldilà delle passioni
spesso rompono i ………


Siate dolci e poi saudenti,
sorridente a ottanta denti,
dimostratevi contenti
o vi arriva due fendenti.

Voi direte “me ne infischio”
ma è un anno a forte rischio.
Ogni uomo ha la sua selva,
ove nutre la sua belva.

L’anno scorso, grande evento!
Tanta gente, uno spavento,
fra i cavalli e le cavalle
da portare nelle stalle.

Una spendida Chermesse,
ci mancava la metresse.
Nello sfarzo dell’ambiente
molta gente era presente.

Nel gran quarantennale,
non è certo poi banale
che fra tutti i pretendenti
abbia vinto il buon Saccenti.

Quei cognomi altisonanti
e i chilometri son tanti
che ci portano lontani
a far godere il Biancalani.

E i due gufi da maniero
Il burlone di Raniero
e Marchino l’impettito
con la zucca di Benito.

Fra le donne e i bambolotti
sempre prima la Cinotti,
zavorrina compassata
che il Rossi l’ha impalmata.


Molti amici, qualche fava
in sala rossa si accalcava
a sancire il sentimento 
fra la rosa e il giumento.

Con l’amore e il suo sussulto
questo giovane virgulto
con tre ciufole di Piero
fu donata al suo destriero.

Ora qui per proseguire 
non so più che cacchio dire.
I vecchiacci a cui appartengo,
son spariti dall’arengo.

Ingobbiti e un po’ canuti
e si sono un po’ perduti
nelle nebbie dell’età
dove il pube fa pietà.

Ma lo spirito trascende
la vergogna che ci pende
e speriamo di tornare
sulla scena un po’ a sgassare.

Cari amici, cari Soci,
siamo Ulisse e siamo i Proci,
con la pi e non la effe
le patonze non son beffe.

Con rispetto ci s’ inchini
allo staff e il buon Brazzini
che re nudo un po’ in mutande
rende il clebbe un po’ più grande.

O centauri di sto’ par di……
or s’è fatto proprio tardi
ma correte con amore
dando gas a quel motore.