La poesia del 35° anno - 2013


DE RERUM FAVARUM
(“A PROPOSITO DI FAVE”)

 

Lor signori si riparte,

Or si mescola le carte.

Si rifanno le elezioni

Per votare altri coglioni.


 

Dopo i giorni del complotto

Gran riunione all’Isolotto

Ove a chiudere i misfatti

Si riuniron quattro gatti.

 

Nella sala disadorna

Il general Cadorna,

Con gli accoliti fedeli

Era già a contarsi i peli.

 

Tra coppe e gagliardetti

Ed odor di gabinetti,

cinque attori e una comparsa,

andò in onda un’altra farsa.


Io voto te, tu voti me,

la gallina Coccodè

dopo l’ovo fa il bidè,

ma che fica l’è Bioncè!

 

In quel puzzo di stantio,

pose fine al gran brusio

con i toni di Caronte

l’illustrissimo Geronte:

 

Cari fratelli,

sono il Dainelli

Non son papa Benedetto

E col cazzo mi dimetto!!


 

Io vi vedo belle fave,

ma non siamo nel Conclave,

dove i rossi cardinali

han cateteri e pitali.


 

Cari amici, cari soci,

mi dispiace per i froci

ribadire l’è opportuno

noi uns’incula mai nessuno!


 

Anche Monti riderebbe

pe i bilancio di sto clebbe!!!

Il mio pipi non ha spruzzo

Qui si fa soltanto puzzo!!!


 

Siamo ancora qui riuniiti,

cari miei rincoglioniti,

per votare con puntiglio

questo cazzo di Consiglio.


 

Il principio non si lede,

va votato con le schede

e per fare i candidati

io di meglio unn’ho trovati.

 

O miei veri bucaioli,

ho sondato anche il Pecchioli!

Non poteva perché l’Aki

La c’aveva ai culo bachi.


 

Ho cooptato anche il Battaglia

Che al momento di mitraglia,

Con quel viso da sultano,

Gli è rimasto solo l’ano.


 

E non v’era altri coglioni

Pe sto strazio d’elezioni.

M’è sfuggito dalle mani

Quel pretone di Bersani,


 

ho cercato altri cretini,

m’han fregato pure Fini.

Pur di un dirlo a Berlusconi

Mi tagliavo anche i coglioni.


 

Rimaneva Beppe Grillo

Il profeta dello strillo,

solo buono a criticare,

fa il prezioso, va’ a cacare!!!


 

Né potevo chiamar Nichi,

leccator di cinci e fichi.

Noi co’ buchi, voglio dire,

un s’ha nulla da spartire.


 

Non si sa chi nella Puglia

Fra le mele lo sfrucuglia!

Guarda bene in do’ lo metti,

meglio il cul della Minetti!

 

 

E per questo, o merdaioli,

vi ritocca anche il Mattioli,

appellato anche “Lucone”,

per i saggi sul raspone.


 

Segretario designato

È Scintilla, il Letterato,

nel Consiglio non si ruba

e puppatevi anche il Cuba.


 

Il meglio vien da fora,

È quel calvo del Dallora.

Or votate per favore,

culo sano un’fa rumore.”


 

In quell’ora un po’ notturna

Si stagliava bella l’urna,

dove il voto fu segreto

come l’eco di un bel peto


 

perché tutto si chetasse

a scrutar fu messo Gasse,

che urlò come ai mercati

il cognome dei votati.


 

Ma apparve a tutti strano,

Che le schede prese in mano

Il birraio del tafanario

Le leggesse all’incontrario.


 

Mattioli, Andreotti,

Dainelli, Guidotti,

Stronzi, Giocattoli,

Pugnette, Cubattoli!!!”

 

 

Sopra un muro sporco e grigio

Il bilancio del litigio

Venne preso e proiettato

Ma nessuno l’ha cacato.


 

Perché a luce un po’ morente

Un si vide un cazzo niente,

né le cifre, né le voci,

ma le palle un sono noci.


 

Il loquace Marchisello

S’affannava, quel poerello,

A spiegare agli spallati

Che i bilanci son cambiati


 

E che in queste associazioni,

fatte tutte di coglioni,

ci son ora leggi e norme

per cui il Panca caca e un dorme.


 

Con un piglio statuario

Prese voce il segretario:

Cari soci qui presenti,

i coglioni son gli assenti.


 

Ho poc’anzi a voi mostrato

Un bilancio equilibrato

Dove ognuno può vedere

Se s’è messo nel sedere.


 

Può notarlo pure un bocco

Che un c’è niente di farlocco.

Soltanto un gran cazzaro

Non ci vede bello chiaro.

 

 

E’ quel ghiozzo della Piana

Che s’è messo a far buriana!

Ci vedeva cose strane

Come pipe dalle rane!


 

Qui non c’è quel rintronato

Ma il bilancio l’è sanato.

Sarà forse un artifizio

Io mi chiamo anche Maurizio,


 

ma tra premi associativi,

palle mosce e lassativi,

il bilancio l’è in pareggio

e per questo lo scureggio!”


 

A nettarsi con le schede

c’era Vasco, l’Archimede,

che, impegnato con le caccole,

esponeva le sue trappole:


 

al Grazzini gli illustrava

un geniale allunga-fava

e un attrezzo da mutande,

Il famoso “succhia-glande”.


 

C’era pure il Casalini,

sempre pronto pei casini.

Grande mago del sorpasso,

S’è beccato un bel salasso.


 

Con la moto o gli autotreni

Il manzone non ha freni.

Con il piede l’è impaziente

E gli vola la patente

 

 

Con i glutei belli freschi

e condotto dal Marcheschi,

con il volto un po’ melenso

venne a dare il suo consenso.


 

Alessino, l’altra fava,

comprensivo l’abbracciava:

Non pensarci o Casalini,

che du’ mesi son pochini!


 

Pensa a me che un poliziotto

e m’ha fatto i’ culo cotto.

A quel posto lì di blocco

Me l’han messo con lo schiocco.


 

Sono stato, va a cacare,

per un anno a pedalare.

Non è giusto se tu sballi

Che ti venga al culo i calli!”


 

Oriazziuccio, dimagrito,

se ne stava lì impettito

pronto a fare da stampella

alla losca comunella.


 

Con il baffo arricciolato

Ed il colon irritato

E le guance con lo sboffio

Si produsse in un gran loffio.


 

Con quel gesto assai sprezzante

Rese l’aria più pesante

E, per certo irriverente,

Fu bollato per fetente.

 

 

Che lì buca ci facesse

Si capì dall’interesse

Di una coppia di sposini

Rintronata da’ pompini.


 

Se ne stette per un’ora,

dietro il crine del Dallora,

senza smorfie né schiamazzi,

a sentire i nostri cazzi.


 

Il ragazzo, il più beota,

volea pur pagar la quota,

ma sta faccia rubiconda

e guidava solo l’Honda!


 

Alle ore ventitré,

buco di culo aiutaci te,

co’ una forte gonorrea

venne chiusa l’assemblea.


 

Solo a noi spetta il primato

Che Andreotti sia trombato

Ed Andrea l’è il nipotino

Del gobbaccio tiberino.


 

Con vivace cazzeggiare

Eran tutti pronti a andare

Quando un vento un po’ impetuoso,

vagamente pernicioso,


 

si introdusse nella sala

con olezzi di cicala,

sconvolgendo tutti i fogli

del bilancio e degli imbrogli.

 

 

Con due occhi sul vischioso

E un lenzuolo un po’ merdoso

Si mostrò con gesti strani

Il fantasma del Pancani:


 

-“ Porto gente in Albania!”

- “E’ scrofona la tu’zia!”

-“ Porto gente in Macedonia”

-“ Vaffan tasca te e la Sonia!”


 

-“ Porto gente in Montenegro”

-“ Ti inchiappetti un grosso negro!”

-“ Porto gente a Megegore”

- “ Che t’invada il pizzicore!”


 

- “ Porto gente anche in Croazia”

-“ Sei davvero un disgrazia!”

- “ Si risbarca verso Ancona”

- “ I Dainelli un ti perdona!”


 

Il tuo clebbe è un Babele

E si piglia tra le mele,

sembra d’essere a Betlemme,

caro il mio Matusalemme!”


 

Detto questo il bel fantasma

Si ritrasse dal marasma

E con aria taciturna

Gettò sterco sopra l’urna.


 

Dopo questa gherminella

Che si torni presto in sella!

Nelle fasi dello spoglio

Non c’è stato nessun broglio.

 

 

Questo voto era scontato

Come il culo ch’è bucato.

D’altronde che vorreste,

le favacce sono queste!


 

Non si insegua le farfalle

e un si buchino le palle,

il poeta qui, faceto,

vi saluta con un peto!