Cari voi che presenziate
prima voglio che scusiate
questo empio e vecchio vate
che vi spara tre cagate.
Or sfidando gli anatema,
tutti gli anni è un bel problema,
tirar giù ‘na filastrocca
che non sia del tutto sciocca.
Ma mi stimola il Dainelli
a pigliare pe’ fondelli,
a buttarmi a gonfie vele
a sfiorar altrui le mele.
Nel lontano settantotto,
questo forte giovinotto,
era un fervido crogiuolo
e un fetente mariuolo.
Al “riccetto” assai devoto
inforcava anche la moto
ed in barba alla consorte
eccedeva in mani morte.
Ricordarlo è opportuno
siamo all’anno quarantuno.
Come Piero un c’è nessuno
come un culo dentro un pruno.
Con le palle in un corbello
questo è l’anno del curtiello.
Lo ricorda il ciucciariello
col pennacchio e il campanello.
Con bugie e loschi imbrogli
non si aizzino le mogli,
che aldilà delle passioni
spesso rompono i ………
Siate dolci e poi saudenti,
sorridente a ottanta denti,
dimostratevi contenti
o vi arriva due fendenti.
Voi direte “me ne infischio”
ma è un anno a forte rischio.
Ogni uomo ha la sua selva,
ove nutre la sua belva.
L’anno scorso, grande evento!
Tanta gente, uno spavento,
fra i cavalli e le cavalle
da portare nelle stalle.
Una spendida Chermesse,
ci mancava la metresse.
Nello sfarzo dell’ambiente
molta gente era presente.
Nel gran quarantennale,
non è certo poi banale
che fra tutti i pretendenti
abbia vinto il buon Saccenti.
Quei cognomi altisonanti
e i chilometri son tanti
che ci portano lontani
a far godere il Biancalani.
E i due gufi da maniero
Il burlone di Raniero
e Marchino l’impettito
con la zucca di Benito.
Fra le donne e i bambolotti
sempre prima la Cinotti,
zavorrina compassata
che il Rossi l’ha impalmata.
Molti amici, qualche fava
in sala rossa si accalcava
a sancire il sentimento
fra la rosa e il giumento.
Con l’amore e il suo sussulto
questo giovane virgulto
con tre ciufole di Piero
fu donata al suo destriero.
Ora qui per proseguire
non so più che cacchio dire.
I vecchiacci a cui appartengo,
son spariti dall’arengo.
Ingobbiti e un po’ canuti
e si sono un po’ perduti
nelle nebbie dell’età
dove il pube fa pietà.
Ma lo spirito trascende
la vergogna che ci pende
e speriamo di tornare
sulla scena un po’ a sgassare.
Cari amici, cari Soci,
siamo Ulisse e siamo i Proci,
con la pi e non la effe
le patonze non son beffe.
Con rispetto ci s’ inchini
allo staff e il buon Brazzini
che re nudo un po’ in mutande
rende il clebbe un po’ più grande.
O centauri di sto’ par di……
or s’è fatto proprio tardi
ma correte con amore
dando gas a quel motore.