DE RERUM FAVARUM
(“A PROPOSITO DI FAVE”)
Lor signori si riparte,
Or si mescola le carte.
Si rifanno le elezioni
Per votare altri coglioni.
Dopo i giorni del complotto
Gran riunione all’Isolotto
Ove a chiudere i misfatti
Si riuniron quattro gatti.
Nella sala disadorna
Il general Cadorna,
Con gli accoliti fedeli
Era già a contarsi i peli.
Tra coppe e gagliardetti
Ed odor di gabinetti,
cinque attori e una comparsa,
andò in onda un’altra farsa.
Io voto te, tu voti me,
la gallina Coccodè
dopo l’ovo fa il bidè,
ma che fica l’è Bioncè!
In quel puzzo di stantio,
pose fine al gran brusio
con i toni di Caronte
l’illustrissimo Geronte:
“Cari fratelli,
sono il Dainelli
Non son papa Benedetto
E col cazzo mi dimetto!!
Io vi vedo belle fave,
ma non siamo nel Conclave,
dove i rossi cardinali
han cateteri e pitali.
Cari amici, cari soci,
mi dispiace per i froci
ribadire l’è opportuno
noi uns’incula mai nessuno!
Anche Monti riderebbe
pe i bilancio di sto clebbe!!!
Il mio pipi non ha spruzzo
Qui si fa soltanto puzzo!!!
Siamo ancora qui riuniiti,
cari miei rincoglioniti,
per votare con puntiglio
questo cazzo di Consiglio.
Il principio non si lede,
va votato con le schede
e per fare i candidati
io di meglio unn’ho trovati.
O miei veri bucaioli,
ho sondato anche il Pecchioli!
Non poteva perché l’Aki
La c’aveva ai culo bachi.
Ho cooptato anche il Battaglia
Che al momento di mitraglia,
Con quel viso da sultano,
Gli è rimasto solo l’ano.
E non v’era altri coglioni
Pe sto strazio d’elezioni.
M’è sfuggito dalle mani
Quel pretone di Bersani,
ho cercato altri cretini,
m’han fregato pure Fini.
Pur di un dirlo a Berlusconi
Mi tagliavo anche i coglioni.
Rimaneva Beppe Grillo
Il profeta dello strillo,
solo buono a criticare,
fa il prezioso, va’ a cacare!!!
Né potevo chiamar Nichi,
leccator di cinci e fichi.
Noi co’ buchi, voglio dire,
un s’ha nulla da spartire.
Non si sa chi nella Puglia
Fra le mele lo sfrucuglia!
Guarda bene in do’ lo metti,
meglio il cul della Minetti!
E per questo, o merdaioli,
vi ritocca anche il Mattioli,
appellato anche “Lucone”,
per i saggi sul raspone.
Segretario designato
È Scintilla, il Letterato,
nel Consiglio non si ruba
e puppatevi anche il Cuba.
Il meglio vien da fora,
È quel calvo del Dallora.
Or votate per favore,
culo sano un’fa rumore.”
In quell’ora un po’ notturna
Si stagliava bella l’urna,
dove il voto fu segreto
come l’eco di un bel peto
perché tutto si chetasse
a scrutar fu messo Gasse,
che urlò come ai mercati
il cognome dei votati.
Ma apparve a tutti strano,
Che le schede prese in mano
Il birraio del tafanario
Le leggesse all’incontrario.
“ Mattioli, Andreotti,
Dainelli, Guidotti,
Stronzi, Giocattoli,
Pugnette, Cubattoli!!!”
Sopra un muro sporco e grigio
Il bilancio del litigio
Venne preso e proiettato
Ma nessuno l’ha cacato.
Perché a luce un po’ morente
Un si vide un cazzo niente,
né le cifre, né le voci,
ma le palle un sono noci.
Il loquace Marchisello
S’affannava, quel poerello,
A spiegare agli spallati
Che i bilanci son cambiati
E che in queste associazioni,
fatte tutte di coglioni,
ci son ora leggi e norme
per cui il Panca caca e un dorme.
Con un piglio statuario
Prese voce il segretario:
“ Cari soci qui presenti,
i coglioni son gli assenti.
Ho poc’anzi a voi mostrato
Un bilancio equilibrato
Dove ognuno può vedere
Se s’è messo nel sedere.
Può notarlo pure un bocco
Che un c’è niente di farlocco.
Soltanto un gran cazzaro
Non ci vede bello chiaro.
E’ quel ghiozzo della Piana
Che s’è messo a far buriana!
Ci vedeva cose strane
Come pipe dalle rane!
Qui non c’è quel rintronato
Ma il bilancio l’è sanato.
Sarà forse un artifizio
Io mi chiamo anche Maurizio,
ma tra premi associativi,
palle mosce e lassativi,
il bilancio l’è in pareggio
e per questo lo scureggio!”
A nettarsi con le schede
c’era Vasco, l’Archimede,
che, impegnato con le caccole,
esponeva le sue trappole:
al Grazzini gli illustrava
un geniale allunga-fava
e un attrezzo da mutande,
Il famoso “succhia-glande”.
C’era pure il Casalini,
sempre pronto pei casini.
Grande mago del sorpasso,
S’è beccato un bel salasso.
Con la moto o gli autotreni
Il manzone non ha freni.
Con il piede l’è impaziente
E gli vola la patente
Con i glutei belli freschi
e condotto dal Marcheschi,
con il volto un po’ melenso
venne a dare il suo consenso.
Alessino, l’altra fava,
comprensivo l’abbracciava:
“ Non pensarci o Casalini,
che du’ mesi son pochini!
Pensa a me che un poliziotto
e m’ha fatto i’ culo cotto.
A quel posto lì di blocco
Me l’han messo con lo schiocco.
Sono stato, va a cacare,
per un anno a pedalare.
Non è giusto se tu sballi
Che ti venga al culo i calli!”
Oriazziuccio, dimagrito,
se ne stava lì impettito
pronto a fare da stampella
alla losca comunella.
Con il baffo arricciolato
Ed il colon irritato
E le guance con lo sboffio
Si produsse in un gran loffio.
Con quel gesto assai sprezzante
Rese l’aria più pesante
E, per certo irriverente,
Fu bollato per fetente.
Che lì buca ci facesse
Si capì dall’interesse
Di una coppia di sposini
Rintronata da’ pompini.
Se ne stette per un’ora,
dietro il crine del Dallora,
senza smorfie né schiamazzi,
a sentire i nostri cazzi.
Il ragazzo, il più beota,
volea pur pagar la quota,
ma sta faccia rubiconda
e guidava solo l’Honda!
Alle ore ventitré,
buco di culo aiutaci te,
co’ una forte gonorrea
venne chiusa l’assemblea.
Solo a noi spetta il primato
Che Andreotti sia trombato
Ed Andrea l’è il nipotino
Del gobbaccio tiberino.
Con vivace cazzeggiare
Eran tutti pronti a andare
Quando un vento un po’ impetuoso,
vagamente pernicioso,
si introdusse nella sala
con olezzi di cicala,
sconvolgendo tutti i fogli
del bilancio e degli imbrogli.
Con due occhi sul vischioso
E un lenzuolo un po’ merdoso
Si mostrò con gesti strani
Il fantasma del Pancani:
-“ Porto gente in Albania!”
- “E’ scrofona la tu’zia!”
-“ Porto gente in Macedonia”
-“ Vaffan tasca te e la Sonia!”
-“ Porto gente in Montenegro”
-“ Ti inchiappetti un grosso negro!”
-“ Porto gente a Megegore”
- “ Che t’invada il pizzicore!”
- “ Porto gente anche in Croazia”
-“ Sei davvero un disgrazia!”
- “ Si risbarca verso Ancona”
- “ I Dainelli un ti perdona!”
“ Il tuo clebbe è un Babele
E si piglia tra le mele,
sembra d’essere a Betlemme,
caro il mio Matusalemme!”
Detto questo il bel fantasma
Si ritrasse dal marasma
E con aria taciturna
Gettò sterco sopra l’urna.
Dopo questa gherminella
Che si torni presto in sella!
Nelle fasi dello spoglio
Non c’è stato nessun broglio.
Questo voto era scontato
Come il culo ch’è bucato.
D’altronde che vorreste,
le favacce sono queste!
Non si insegua le farfalle
e un si buchino le palle,
il poeta qui, faceto,
vi saluta con un peto!